I giornalisti dell’UCSI
di Catania si sono riuniti per apportare il loro contributo al dibattito
culturale e sociale della festa di Sant’Agata che vanta di essere la terza per importanza
e partecipazione a livello mondiale. L’incontro, inserito nel programma
cittadino dei festeggiamenti, ha avuto luogo presso la chiesa di “Sant’Agata La
Vetere”, sorta sui luoghi del martirio e parte del trittico agatino, ove è
custodito un sarcofago romano ed uno scrigno ligneo che ha contenuto le
reliquie della Santa Martire prima della realizzazione del Busto reliquario e
del prezioso scrigno d’argento, custodito nel Duomo di Catania.
Mons. Gianni Lanzafame,
storico e cultore delle tradizioni agatine che esercita il suo ministero a
Siviglia ha illustrato sul tema: “Barocco in movimento” l’originalità delle
candelore che danno alla festa una dimensione di originalità ed un fascino di
folclore. Nelle artistiche realizzazioni in stile barocco, gotico e neoclassico
si manifesta la fede delle cooperazioni lavorative: panettieri, pizzicagnoli,
pescivendoli, macellai, fiorai e ciascuna corporazione ha contribuito alla
realizzazione dei pregevoli manufatti artistici che erano un tempo 23, poi 27
ed ora, a seguito delle vicende belliche e delle trasformazioni sociali, oggi
sono 8 le candelore che fanno corona al fercolo di Sant’Agata.
Nella celebrazione della
festa solenne che dura tre giorni, scandendo momenti e passaggi ormai
consolidati dai protocolli del cerimoniale e dalle tradizioni popolari, si
percepisce, ha detto don Paolo Buttiglieri, consulente UCSI Sicilia, una vera
contaminazione tra sacro e profano, dove i due termini antitetici s’intrecciano
nella liturgia della festa che celebra la profanità e la consacra nella
preghiera devozionale. È possibile un dialogo tra le due dimensioni
contrastanti? A Catania tutto ciò avviene, anche se qualcuno (e prete per
giunta) ha definito la festa “non cristiana”.
Tale contaminazione si
alimenta di devozione popolare e di consuetudini che nel tempo hanno reso
suggestiva l’emozione dei fedeli al momento dell’apertura della cameretta, dove
sono custodite le sacre reliquie, durante la Messa dell’aurora, ed il senso del
possesso, del toccare, del sentirsi un tutt’uno con la Santa che guarda,
sorride, e si rattrista, quando al termine delle due processioni viene
custodita nella “cammaredda”
Il vicario episcopale per
la Cultura, mons Gaetano Zito, da storico e archivista ha posto i termini del
dialogo non tanto del sacro e il profano, bensì che tra la storia e la
tradizione. La ricerca storica, infatti, pone dei paletti quando non trova
documenti certi, mentre la tradizione costruisce eventi e fatti rendendoli
tutti espressione di fede e di coinvolgimento popolare. Particolarmente
significativa è stata la notazione di certezza storica degli eventi documentati
relativi al martirio, ma non altrettanto documentati risultano i fatti connessi
al trafugamento e al ritorno delle reliquie di Sant’Agata da Costantinopoli. La
cultura cristiana, normanna, e della Chiesa d’Oriente s’intreccia nei nomi,
nella narrazione dei fatti che hanno acquisito valenza storica per tradizione,
riportata nel tempo e documentata da affreschi e segni esterni.
Il racconto della festa
nei suoi aspetti sociali e popolari è stato presentato dalla prof.ssa Maria
Teresa Di Blasi, docente di Storia dell’arte, operatore della Sovrintendenza e
membro del comitato dei festeggiamenti cittadini. Una festa ricca di eventi
artistici, culturali, musicali e sportivi che coinvolgono la vita cittadina,
che segna il tempo della città di Catania secondo la divisione tra “prima” e “dopo Sant’Agata”. Con dovizia di particolari
la giornalista Rossella Jannello, vice presidente UCSI Sicilia, ha descritto
l’innovazione apportata quest’anno al tradizionale programma, offrendo a
diecimila fedeli l’opportunità di poter vedere l’interno della “cameretta” di
San’Agata, sfatando i tanti misteri che hanno descritto le reliquie di
Sant’Agata protetti da sette cancelli, galleggiante sulle acque del fiume
Amenano.
La proposta di tenere
esposte per tutto l’anno le sacre reliquie della Martire, presentata come segno
di perenne devozione al di là della festa, contrasta con la tradizione che ha
caricato di mistero il senso dell’attesa e della visione attraverso l’apertura
del sacello e l’incontro con la Santa Patrona. La tavola rotonda introdotta e
moderata dal presidente della sezione UCSI catanese, Giuseppe Adernò, ha man
mano ampliato il fascio di orizzonte e si sono succeduti anche il giornalista
Marco Pappalardo, addetto stampa della Cattedrale, il quale ha descritto le
caratteristiche e i momenti “sacri” e liturgici della festa e come anche le
processioni sono state vitalizzate dalla preghiera del rosario lungo il
cordone. Anche l’uso dei social che rendono la festa immediata e comunicativa
merita una speciale e diligente preparazione per evitare di far passare
messaggi imprecisi e inopportuni.
Due giovani devoti:
Giovanni Finocchiaro e Salvo Emanuele hanno testimoniato come un catanese vive
l’intensità della festa religiosa, anche se intrecciata di folclore e di
parallele attività commerciali, oltre che dall’armonia e dal fascino dei fuochi
d’artificio. Altre problematiche di carattere economico e organizzativo dei
portatori delle candelore, delle giornate di precedono la festa caratterizzate
dalle candelore per i quartieri cittadini con soste presso i diversi esercizi
commerciali, sono tutti elementi che colorano l’esteriorità della festa che
resta pur sempre centrata sulla devozione religiosa per la Martire Agata,
testimone di fedeltà e di amore a Cristo e alla Chiesa.