ECONOMIA SOCIALE
Catania – Incontro dei giornalisti con il prof. Stefano Zamagni
di Redazione
L’“UCSI”
di Catania, “Unione Cattolica Stampa Italiana”, in collaborazione con l’Associazione
“FuturLab”, che tende a promuovere una dinamica e operativa coscienza sociale
per l’effettiva ricerca del bene comune, hanno promosso un incontro con il
prof. Stefano Zamagni, docente di Economia all’Università di Bologna e tenace
sostenitore dell’Economia sociale che in Italia è stata soffocata dall’economia
politica, lasciando nell’ombra i maestri del vero bene comune: Antonio Genovesi
e il suo discepolo Giacinto Dragonetti. L’incontro è stato preceduto dalla
presentazione della lodevole testimonianza della cooperativa sociale “Le terre
del Tau”, guidata dall’avv. Guido Minà con il positivo coinvolgimento dei
ragazzi Down.
Il
presidente di “FuturLab”, Antonio La Ferrara, nel messaggio di saluto ha
introdotto il tema proposto, quanto mai attuale per un reale progresso e
sviluppo della società assegnando all’economia una dimensione sociale che la
nobilita a differenza del pervasivo consumismo che provoca sprechi e scompensi
sociali. Il presidente dell’“UCSI” di Catania, Giuseppe Adernò, ha evidenziato
come la presenza dei giornalisti all’incontro ed il riconoscimento dei crediti
formativi contribuiscono a una maggiore consapevolezza nell’uso corretto dei
termini e delle prassi del vivere sociale.
Il
prof. Zamagni ha presentato l’opera del napoletano Antonio Genovesi (1713-1760),
scrittore, filosofo, economista e sacerdote, docente di metafisica all’Università
di Napoli, dopo Giambattista Vico e nel 1745 passò all’etica e, quindi,
titolare della prima cattedra di Economia “Commercio e meccanica” istituita con
fondi privati dal toscano Bartolomeo Intieri. Genovesi divenne un autore fondamentale
per la tradizione italiana e non solo; le sue Lezioni di commercio o sia di
economia civile, fatte in italiano e non più in latino, pubblicate nel 1765
sono considerate una delle prime opere scientifiche in materia economica
tradotte in spagnolo e in francese. Il Genovesi cercò, così, di indicare la via
per alcune riforme fondamentali nel settore dell’istruzione, dell’agricoltura,
della proprietà fondiaria, del protezionismo governativo su commerci e
industrie.
Prendendo
coscienza della decadenza culturale, materiale e spirituale, dopo l’illuminismo,
si rese conto della necessità di intervenire per riportare le arti, il
commercio e l’agricoltura a nuovi splendori, apportando nel nuovo panorama
culturale italiano, la voglia di cercare mediante studi ed esperimenti il concetto
della pubblica felicità, così da far uscire l’uomo dallo stato di “oscurità”. L’economia
doveva servire ai governi non solo per alimentare la ricchezza e la potenza
delle nazioni, argomento cardine della filosofia smithiana, ma per favorire il
benessere sociale è ancor più necessario promuovere la cultura e la civiltà.
Mentre
nelle sue opere filosofiche, Genovesi persegue un compromesso tra idealismo ed
empirismo, cercando a ogni costo di salvare gli essenziali valori religiosi della
filosofia cristiana, da “economista” sostiene che anche le donne e i contadini
abbiano diritti alla cultura, poiché questa è uno strumento fondamentale per
realizzare l’ordine e l’economia nelle famiglie, e di conseguenza nella
società, è, inoltre, importante anche l’educazione degli uomini e, in
particolar modo, lo sviluppo delle arti e delle scienze, contrapponendosi all’idea
di Rousseau per il quale il progresso costituisce la fonte di tutti i mali. Nei
suoi scritti, affronta tematiche importanti come i problemi di debito pubblico,
l’inflazione e la circolazione monetaria, denunciando anche la presenza di
molti arricchiti che vivono esclusivamente di rendita.
Eppure,
Antonio Genovesi è poco conosciuto e poco studiato in Italia, dove prende il
sopravvento e domina incontestata l’economia politica proposta da Adam Smith
che promuove la ricchezza delle nazioni nel contesto di una macroeconomia a
scapito del cittadino. Inoltre, il prof. Zamagni ha fatto notare come, mentre
tutti conoscono il volume “Dei delitti e delle pene” di Cesare Beccaria,
suocero del Manzoni, pochi conoscono che il marchese Giacinto Dragonetti
(1738-1818), giurista abruzzese e avvocato fiscalista, laureato alla cattedra
di Genovesi a Napoli, e, nel 1792, magistrato della Monarchia di Sicilia, la
seconda carica per importanza dopo quella di viceré, scrisse in riposta al
Beccaria: “Delle virtù e dei premi”, un pamphlet del 1766, ristampato l’anno
seguente in francese e, nel 1769, persino in russo , ma rimasto sconosciuto in
Italia.
La
ricerca della felicità, la valorizzazione delle virtù, premiando anche l’impegno
profuso nel conseguire il benessere dei cittadini, costituiscono i nuovi filoni
da seguire per assicurare all’economia sociale una garanzia di successo e di
sviluppo. Nella lectio magistralis,
il prof. Zamagni ha dettato le linee guida per una possibile risposta e “soluzione
alla crisi” di oggi e si è soffermato a distinguere “dono” e “donazione”,
reciprocità e gratuità, crescita e sviluppo, termini che ben adoperati rivelano
un significato sociale differente nel costruire la cornice di un’economia
sociale che ha per oggetto l’uomo “amico della natura” e, come tale, capace di
apprezzare e valorizzare i beni materiali facendone buon uso secondo i principi
dell’umanesimo civile che sostiene l’equità e la giustizia sociale. Il
paradigma dell’uguaglianza costituisce la base della vera democrazia che
rispetta e valorizza tutti e ciascuno. Un vivace dibattito, moderato da Orazio Maltese,
magistrato della Misericordia di Acireale, oltre agli interventi di diversi
giornalisti, ha raccolto i contributi del presidente della Comunità di Sant’Egidio,
Emiliano Abramo, e dell’assessore comunale ai servizi sociali, Fortunato
Parisi.
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