CENTRO DIURNO CAMELOT – MESSINA
“Lasciandosi guidare dalla natura (…) il medico, più che curare, contribuirà allo sviluppo delle potenzialità creative del paziente” – C.G. Jung
di Matteo Allone
 “è vero, principe, che voi diceste un giorno che il mondo lo
salverà la bellezza? ..Quale bellezza salverà il mondo?”, chiede l’ateo
Ippolit al principe Myskin, nell’Idiota,
di Dostoevskij. Ma cosa c’entra la bellezza, l’estetica, nell’epoca della
logica, della ragione, del potere, della prestazione, della produttività? Forse
niente, o.. forse tutto. È chiaro che noi siamo concordi con la seconda
ipotesi. E ad essa abbiamo dedicato, tempo, passione ed energie.
Ha senso dare qualità alla prestazione, quando questa non soddisfa i
criteri della quantità e quando la stessa è rappresentabile solo se misurabile?
Si può applicare al disagio mentale lo stesso paradigma concettuale che
sottende il linguaggio dell’economia? È il prodotto salute, in generale (e
mentale, in particolare), assimilabile ad un bene di consumo? Sono domande che
qualcuno potrebbe definire filosofiche. E ha ragione. Sono interrogativi di
fondo, che sottendono il nostro agire quotidiano. Ma queste domande che noi
definiamo filosofiche, nella loro vera accezione di ricerca di una verità, non
possono non riguardarci in un momento storico in cui assumono sempre più
rilievo i problemi concernenti l’allocazione delle risorse e, in particolare,
la scelta dei mezzi terapeutici più appropriati ed efficaci. Da come si
risponde dipende il modo in cui una società civile struttura i propri servizi
sanitari ed il grado di recupero di una dimensione etica ed estetica.La
bellezza non è qualcosa di effimero ed inutile. Gli antichi greci riconoscevano
alle “cose belle” una qualità di bontà. Ecco perché all’ingresso della Cittadella
Sanitaria “Lorenzo Mandalari”, gli utenti del Centro Diurno “Camelot”, in
sinergia con il servizio civile nazionale, guidati da Graziella Mavilia e
Claudio Militti, hanno voluto realizzare l’immagine di Afrodite, la Dea della
bellezza, nell’atto di rivelarsi. È un’immagine che sta ad indicare che
ciascuno è responsabile di creare bellezza, che non si può ‘sempre e solo’ delegare
ad altri. Che ciascuno nel suo piccolo può fare una “cosa bella”, una “cosa
buona”, che, magari, è solo quello di fare bene il proprio dovere, il proprio
compito con onestà ed impegno, nel rispetto di sé e degli altri. I fatti di
cronaca, ci rimandano, invece, il persistente disprezzo per la vita umana e la
devastante sopravvalutazione dell’individualismo, che ha l’unico scopo di
distruggere la qualità delle relazioni ed impedisce di comprendere che l’unità
e l’interconnessione, sottese alla vita, rappresentano uno stato di esistenza
molto più importante e primario.
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