mercoledì 2 dicembre 2015
CAMELOT
Presentato il libro di Assunta Signorelli
di Domenica Timpano
Nel Salone dei
Cavalieri del Centro Diurno “Camelot” di Messina, si è svolta la presentazione
del libro di Assunta Signorelli “Praticare la differenza. Donne, psichiatria e
potere”, pubblicato per i tipi di Ediesse Roma. Presenti il dott. Giuseppe Rao,
direttore MDM di Messina; Jenny Gioffrè, psicologa; Savina Rauber, psichiatra.
Ha coordinato i lavori il dott. Matteo Allone, direttore del Centro “Camelot”.
Il dott. Allone ha presentato i relatori, aprendo il dibattito riguardo le
tematiche trattate nel libro e ponendo l’attenzione sugli aspetti innovativi e
rivoluzionari, che hanno caratterizzato la Legge Basaglia. Nel suo intervento
il direttore del Modulo Dipartimentale di Salute Mentale dott. Rao, ha
ricordato la sua azione nel sostenere la causa rivoluzionaria portata avanti da
Basaglia e ora riproposta dall’autrice. La psichiatra Rauber ha fatto un
excursus storico sulle motivazioni, che hanno portato alla stesura del libro e
sinteticamente ne ha esposto il contenuto. La psicologa Jenny Giuffrè, traendo
spunti da alcuni passi del libro, ha incentrato il suo intervento sul ruolo che
ha avuto la politica in ambito psichiatrico istituzionale. Assunta Signorelli,
autrice del libro e psichiatra, formatasi a stretto contatto con Franco
Basaglia, ha esposto la sua idea riguardo la necessità di riconsegnare dignità
al soggetto e potere decisionale al malato psichiatrico, critica
l’istituzionalizzazione e la creazione delle R.E.M.S. poiché, anche se con
criteri diversi, ripropone lo statuto del Manicomio, creando un’alleanza tra
psichiatria e potere. Propone un trattamento centrato sull’individuo
coinvolgendolo all’interno della società. Nel libro appena pubblicato l’autrice
fa partecipe chi legge della sua esperienza e, soprattutto delle sue
riflessioni su quanto è rimasto dopo la rivoluzione operata dalla Legge
Basaglia. Riflessioni incentrate anche sulle differenze di genere e sulle
difficoltà con la psichiatria. Assunta Signorelli, già collaboratrice di Franco
Basaglia che ha lottato per chiudere i manicomi in Italia, direttore del
Dipartimento di Salute Mentale di Trieste, donna dalla forte personalità,
avvalendosi dell’esperienza maturata nel manicomio “San Giovanni” di Trieste e
di quella per tre anni in Calabria, ha espresso il suo pensiero critico nei
confronti dei servizi resi alle persone affette da disturbi di salute mentale,
ponendo l’accento sull’incapacità di adattamento dei percorsi riabilitativi,
delle vecchie pratiche, scientifiche e tecniche, alle trasformazioni sociali. Critica
anche nei confronti degli psichiatri, perché unica referente è la tecnica e, o
la scienza psichiatrica, e dei mini OPG che sono, a suo parere, identici ai
vecchi manicomi perché si connotano come strutture dove, per sicurezza, si
coniugano cura e custodia. La Signorelli, che ha fatto numerosi riferimenti a
episodi della sua vita professionale, non del tutto positivi, ha evidenziato
che fino a quando si giudicherà il soggetto affetto da sofferenza psichica,
come soggetto pericoloso non si uscirà dal tunnel, fino a quando non saranno
posti in essere progetti di cooperazione sociale, di prossimità con le persone
e si manterrà quello che lei definisce “l’obbrobrio civile dell’incapace di
intendere e di volere”, che non concede il “diritto di esistere di tante
persone” non si uscirà dalla sofferenza e dal disagio perché la diagnosi
psichiatrica di “incapace” potrà servire a togliere la pena ma non a curare il
soggetto in stato di disagio. Persone giudicate ‘matte’ spesso escono in tempi
brevissimi dal carcere dopo aver commesso reati gravissimi mantenendo lo stato
di grave disagio psichico, per il quale spesso non si interviene. Sbagliati,
dunque, gli Ospedali Psichiatrici Giudiziari, sbagliati, per la Signorelli, i
nuovi mini OPG che rappresentano una risposta inadeguata per un problema di
notevole importanza. Agli psichiatri dovrebbe essere affidata solo la cura
medica mentre la custodia, in caso di reato commesso, dovrebbe essere affidata
al personale penitenziario. Una risposta medica può servire a curare i sintomi
ma non riesce a individuare le cause del malessere della psiche, di conseguenza
non viene seguito un giusto percorso di cura. Dopo la relazione dell’autrice ha
preso la parola il dott. Matteo
Allone che si è dissociato da alcuni
convincimenti e valutazioni critiche sugli psichiatri espresse dalla
Signorelli. Invitato ad intervenire, il dott. Luigi Baldari , dirigente
dell’Unita Operativa Semplice Psicoterapia Studi e Ricerche ASP di
Messina, ha precisato che occorre agire
con onestà per fare gli interessi dei pazienti e non porre in essere politiche
in nome dei pazienti per fare esclusivamente i propri interessi. Qualificati
gli interventi di Pippo Rao, Jenny Gioffrè e Savina Rauber. Incisiva la
testimonianza di Pippo Insana, cappellano presso la struttura penitenziaria di
Barcellona Pozzo di Gotto, il quale è stato a stretto contatto con persone
affette da disturbi psichiatrici, che ha definito portatrici di diritti,
intelligenti, capaci, da integrare nel tessuto sociale ponendo in essere
interventi mirati, “Sono tante le anomalie, del sistema operativo politico che
devono essere cambiate, perché manca il diritto di cittadinanza per quanti
vivono, emarginati, la sofferenza psichica”.
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