ORDINI CAVALLERESCHI DI NAPOLI
Uno sguardo “storico” sull’Europa Cristiana tra Medioevo ed Evo contemporaneo
di Alessandro Maria Raffone
Giovanna I di Napoli e l’Ordine
dello Spirito Santo al Retto Desiderio Le
diverse dinastie che si sono succedute sul trono di Napoli hanno costituito
ordini cavallereschi per premiare la fedeltà dei loro sudditi o per ricordare
eventi riguardanti la loro casata o la loro storia personale. Per esempio, l’Ordine
dello Spirito Santo al Retto Desiderio conosciuto anche come del Nodo fu voluto
per ricordare l’incoronazione di Luigi di Taranto della dinastia angioina,
avvenuta dopo il suo matrimonio con la Regina di Napoli Giovanna I il 20 agosto
1347, l’unico dei suoi quattro successivi mariti a essere stato consacrato come
sovrano. Il giorno di Pentecoste dell’anno 1352, per ricordare questo
avvenimento, fu costituito questo ordine curiale posto sotto la Regola di San
Basilio nella chiesa di Santa Maria Incoronata (situata a via Medina). Proprio
in quel periodo, avvenne anche il riconoscimento da parte della Chiesa con il
Breve del Papa Clemente VI, Pierre Roger de Beaufort.
La tavola ‘Desiderata’ in
Castel dell’Ovo
Lo
Statuto fu approvato in occasione del primo raduno annuale dei suoi membri
avvenuto in occasione della Pentecoste dell’anno 1353. Suo scopo era quello di
servire il Re in pace e in guerra e difendere la Terra Santa. Il Gran Maestro
sarebbe stato sempre il Re mentre il numero preciso di membri a cui arrivò l’Ordine
del Nodo non sì è mai saputo con certezza, alcuni studiosi propendono per il
numero di settanta altri per quello di trecento, più probabilmente il numero
reale sarà stato a metà tra questi due poli. I cavalieri, in abiti bianchi, si
riunivano ogni anno nel Castel dell’Ovo, alla presenza del Sovrano e della
corte, e dovevano render conto delle gesta cavalleresche da loro compiute, poi
debitamente registrate in un apposito libro. Durante questo incontro avveniva
anche la cerimonia d’investitura. La tavola, attorno a cui si riunivano i
membri dell’Ordine, era conosciuta come la Desiderata e si trovava in una delle
sale più belle del castello.
L’investitura: il ‘Nodo’
come segno penitenziale
Fin
dall’inizio, i cavalieri prescelti per far parte dell’Ordine dovevano essere i
migliori del Regno e al momento dell’investitura, per loro Statuto, dovevano
portare “sul petto un nodo ben stretto,
ancor altri dicano nel braccio, di seta e d’oro, adornato di perle”. Così,
ricorda Goffredo di Crollanza nel suo libro Enciclopedia araldico cavalleresca:
prontuario nobiliare. Anche il pomo della spada era adornato con un nodo e in
entrambi i casi esso recava incise le parole Se Dieu Plait, ovvero Se piacerà a
Dio. Questo nodo poteva essere sciolto solo nel caso in cui il suo portatore
avesse portato a compimento un’epica impresa, nel qual caso avrebbe dovuto
portarlo slegato fino a quando non avesse intrapreso, come umile pellegrino, il
viaggio in Terra Santa per deporre sulla tomba di Cristo il vecchio nodo.
Tornato a casa, poteva riannodare il nodo avendo cura di segnare il proprio nome
e il motto A pleut a Dieu. I cavalieri dovevano rimanere a digiuno completo il
venerdì ogni settimana, in caso di inadempienza dovevano dare da mangiare a tre
mendicanti, numero scelto in onore e lode della Santissima Trinità. Sempre in
questo giorno della settimana avevano l’obbligo di portare un cappuccio nero
con un nodo di seta bianca, senz’altri ornamenti. Dopo la morte di un
cavaliere, i parenti del defunto dovevano portare la sua spada al Gran Maestro,
il quale dopo otto giorni doveva far cerebrale un solenne funerale in suffragio
del defunto, con la partecipazione di tutti i suoi compagni d’arme. La sua
spada sarebbe stata presentata all’offertorio, per poi essere sospesa alle
pareti della cappella gentilizia.
Decadenza e memoria
Dopo
la morte di Luigi di Taranto l’Ordine decadde, velocemente. Alcuni membri
illustri che fecero parte dello Spirito Santo al Retto Desiderio sono ricordati
nel primo volume della Napoli Sacra di Cesare d’Engenio Caracciolo: Guglielmo
del Balzo conte di Noja, Luigi Sanseverino, Francesco di Loffredo, Cristoforo
di Costanzo, Roberto di Diano, e molti altri ancora. Il conte Luigi Cibrario
riporta nel suo volume sugli ordini cavallereschi un epitaffio, in Latino, che
si trova nella Cattedrale di Napoli del cavaliere dell’Ordine dello Spirito
Santo al Retto Desiderio Colluccio Bozzutto che, in libera traduzione così
recita “che fu della nobile Compagnia del
Nodo di Ludovico Re di Sicilia e che il nodo sciolse al seguito di una
vittoriosa battaglia campale, e che detto nodo riannodò in Gerusalemme”.
Nella chiesa napoletana di Santa Maria Porta Coeli e San Gennaro, alle Due
Porte all’Arenella, vi sono sepolti alcuni appartenenti alla famiglia di
Costanzo, tra cui un’appartenente all’Ordine.
Un nuovo inizio: Giuseppe
Bonaparte e l’Ordine Reale delle Due Sicilie
Durante
il Decennio Francese a Napoli (1806-1815), i due Sovrani napoleonidi che
regnarono nel Mezzogiorno d’Italia, Giuseppe Bonaparte (1806-1808) e Gioacchino
Murat (1808-1815), abolirono i precedenti ordini cavallereschi del Regno di
Napoli per fondarne di nuovi allo scopo di legare con prebende e onori sia i
francesi sia i regnicoli sia stavano collaborando con i monarchi per
stabilizzare prima e fortificare poi il nuovo Regno. A causa della breve durata
della presenza francese a Napoli, un decennio appunto, solo un nuovo ordine
cavalleresco vide la luce in questo periodo così importante per il nostro
Meridione. Pensando alla napoleonica Legion d’Onore, Giuseppe Bonaparte istituì
l’Ordine Reale delle Due Sicilie, il 24 febbraio 1808.
Cavalieri di Napoleone...
Lo
scopo era quello di ricompensare, seguendo un modello sperimentato, i
collaboratori che avessero reso importanti servigi allo Stato. All’inizio, l’Ordine
fu suddiviso nelle tre classi di Dignitario, Commendatore e Cavaliere. Venne,
inoltre, previsto che il numero massimo di appartenenti dovesse essere di
cinquanta dignitari, cento commendatori e seicentocinquanta cavalieri. La
decorazione dell’Ordine venne composta da una stella d’oro a cinque punte,
smaltata di colore rubino, sormontata da un’aquila d’oro pendente da un nastro
di colore azzurro chiaro. La stella riportava, su una faccia, l’arme del Regno
di Napoli recante la scritta Renovata Patria, sull’altra invece vi era l’arma
di Sicilia con la scritta Joseph Napoleo Siciliarum Rex instituit.I
Commendatori portavano il nastro pendente al collo, mentre i Dignitari in forma
di fascia pendente dalla diritta alla manca. Altra differenza consisteva nel
fatto che i Dignitari avevano l’obbligo di portare la decorazione sull’abito al
lato sinistro. Un gran numero di cavalieri fu nominata dal fratello maggiore di
Napoleone prima della sua abdicazione, come ricompensa per il loro servizio.
Vennero elargiti regali per due milioni e seicentomila ducati, dei quali
duecentotrentaduemila e quattordici in contanti, ottocentotremila e
settecentoottantuno in terre e un milione cinquecentotredicimila e
seicentoventicinque in rendite al cinque per cento.
E Cavalieri di Murat...
Il
5 novembre 1808 Murat, nuovo Sovrano di Napoli, apportò alcune modifiche agli
Statuti, con la conseguente istituzione di nuove classi che sarebbero state
quelle di Gran Croce, Grand’Ufficiale, Commendatore, Ufficiale e Cavaliere.
Aumentò il numero complessivo dei cavalieri a seicento, e con decreto del 28
gennaio 1811 istituì tredici collane d’oro composte da quindici medaglie d’oro
recanti le insegne delle diverse Provincie del Regno e da una medaglia più
grande posta al centro con l’immagine del Re scolpita e la scritta Joachin
Napoleon, tertio regni anno. Per diventare membro dell’Ordine ogni cavaliere
doveva pronunciare un giuramento di rito con queste parole “Io giuro di consacrare la mia vita alla
difesa, e alla gloria della corona e dello Stato”. L’ordine era gestito da
un Gran Consiglio presieduto dal Gran Maestro e composto da un Gran
Cancelliere, da un Gran Tesoriere e da due Dignitari.Il
Gran Maestro era il Sovrano in carica mentre Gran Cancelliere fu Tommaso
Sanseverino, Quattordicesimo Principe di Bisignano. A ogni cavaliere spettava
una pensione annua di cinquanta ducati, i cui fondi furono attinti dai
soppressi Ordini di Malta e Costantiniano, di cui parleremo in un prossimo
capitolo.
Una fine inevitabile
L’Ordine
Reale delle Due Sicilie fu abolito al ritorno dei Borbone a Napoli, mentre gli
antichi ordini cavallereschi napoletani vennero pienamente ristabiliti.
L’autore
Dottorando
all’Università della Basilicata, napoletano, Alessandro Maria Raffone è un
giovane, promettente, storico: autore di svariati articoli e di una monografia,
conta numerose collaborazioni scientifiche e iniziative di divulgazione (anche
sul Web), di livello nazionale e internazionale. La serietà con le quali si
applica agli aspetti religiosi della Storia, e l’amore per la sua città, ci
hanno spinto a chiedergli per Spiritualità e Cultura un ‘pezzo’ sugli Ordini
Cavallereschi a Napoli: sappiamo che le convergenze di situazioni e intenti con
gli Ordini siciliani attrarranno l’interesse dei nostri lettori. La complessità
del tema e (al solito) la ristrettezza dello spazio imponevano però una
selezione: si è scelto il paradigma costituito dall’ Ordine dello Spirito Santo
al Retto Desiderio, altamente significativo per la vocazione penitenziale. Ma
auspichiamo che, in futuro, l’autore voglia proseguire con noi il suo discorso.
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