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 sabato 16 dicembre 2017

ORDINI CAVALLERESCHI DI NAPOLI

Uno sguardo “storico” sull’Europa Cristiana tra Medioevo ed Evo contemporaneo

di Alessandro Maria Raffone


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Giovanna I di Napoli e l’Ordine dello Spirito Santo al Retto Desiderio

Le diverse dinastie che si sono succedute sul trono di Napoli hanno costituito ordini cavallereschi per premiare la fedeltà dei loro sudditi o per ricordare eventi riguardanti la loro casata o la loro storia personale. Per esempio, l’Ordine dello Spirito Santo al Retto Desiderio conosciuto anche come del Nodo fu voluto per ricordare l’incoronazione di Luigi di Taranto della dinastia angioina, avvenuta dopo il suo matrimonio con la Regina di Napoli Giovanna I il 20 agosto 1347, l’unico dei suoi quattro successivi mariti a essere stato consacrato come sovrano. Il giorno di Pentecoste dell’anno 1352, per ricordare questo avvenimento, fu costituito questo ordine curiale posto sotto la Regola di San Basilio nella chiesa di Santa Maria Incoronata (situata a via Medina). Proprio in quel periodo, avvenne anche il riconoscimento da parte della Chiesa con il Breve del Papa Clemente VI, Pierre Roger de Beaufort.

La tavola ‘Desiderata’ in Castel dell’Ovo

Lo Statuto fu approvato in occasione del primo raduno annuale dei suoi membri avvenuto in occasione della Pentecoste dell’anno 1353. Suo scopo era quello di servire il Re in pace e in guerra e difendere la Terra Santa. Il Gran Maestro sarebbe stato sempre il Re mentre il numero preciso di membri a cui arrivò l’Ordine del Nodo non sì è mai saputo con certezza, alcuni studiosi propendono per il numero di settanta altri per quello di trecento, più probabilmente il numero reale sarà stato a metà tra questi due poli. I cavalieri, in abiti bianchi, si riunivano ogni anno nel Castel dell’Ovo, alla presenza del Sovrano e della corte, e dovevano render conto delle gesta cavalleresche da loro compiute, poi debitamente registrate in un apposito libro. Durante questo incontro avveniva anche la cerimonia d’investitura. La tavola, attorno a cui si riunivano i membri dell’Ordine, era conosciuta come la Desiderata e si trovava in una delle sale più belle del castello.

L’investitura: il ‘Nodo’ come segno penitenziale

Fin dall’inizio, i cavalieri prescelti per far parte dell’Ordine dovevano essere i migliori del Regno e al momento dell’investitura, per loro Statuto, dovevano portare “sul petto un nodo ben stretto, ancor altri dicano nel braccio, di seta e d’oro, adornato di perle”. Così, ricorda Goffredo di Crollanza nel suo libro Enciclopedia araldico cavalleresca: prontuario nobiliare. Anche il pomo della spada era adornato con un nodo e in entrambi i casi esso recava incise le parole Se Dieu Plait, ovvero Se piacerà a Dio. Questo nodo poteva essere sciolto solo nel caso in cui il suo portatore avesse portato a compimento un’epica impresa, nel qual caso avrebbe dovuto portarlo slegato fino a quando non avesse intrapreso, come umile pellegrino, il viaggio in Terra Santa per deporre sulla tomba di Cristo il vecchio nodo. Tornato a casa, poteva riannodare il nodo avendo cura di segnare il proprio nome e il motto A pleut a Dieu. I cavalieri dovevano rimanere a digiuno completo il venerdì ogni settimana, in caso di inadempienza dovevano dare da mangiare a tre mendicanti, numero scelto in onore e lode della Santissima Trinità. Sempre in questo giorno della settimana avevano l’obbligo di portare un cappuccio nero con un nodo di seta bianca, senz’altri ornamenti. Dopo la morte di un cavaliere, i parenti del defunto dovevano portare la sua spada al Gran Maestro, il quale dopo otto giorni doveva far cerebrale un solenne funerale in suffragio del defunto, con la partecipazione di tutti i suoi compagni d’arme. La sua spada sarebbe stata presentata all’offertorio, per poi essere sospesa alle pareti della cappella gentilizia.

Decadenza e memoria

Dopo la morte di Luigi di Taranto l’Ordine decadde, velocemente. Alcuni membri illustri che fecero parte dello Spirito Santo al Retto Desiderio sono ricordati nel primo volume della Napoli Sacra di Cesare d’Engenio Caracciolo: Guglielmo del Balzo conte di Noja, Luigi Sanseverino, Francesco di Loffredo, Cristoforo di Costanzo, Roberto di Diano, e molti altri ancora. Il conte Luigi Cibrario riporta nel suo volume sugli ordini cavallereschi un epitaffio, in Latino, che si trova nella Cattedrale di Napoli del cavaliere dell’Ordine dello Spirito Santo al Retto Desiderio Colluccio Bozzutto che, in libera traduzione così recita “che fu della nobile Compagnia del Nodo di Ludovico Re di Sicilia e che il nodo sciolse al seguito di una vittoriosa battaglia campale, e che detto nodo riannodò in Gerusalemme”. Nella chiesa napoletana di Santa Maria Porta Coeli e San Gennaro, alle Due Porte all’Arenella, vi sono sepolti alcuni appartenenti alla famiglia di Costanzo, tra cui un’appartenente all’Ordine.

Un nuovo inizio: Giuseppe Bonaparte e l’Ordine Reale delle Due Sicilie

Durante il Decennio Francese a Napoli (1806-1815), i due Sovrani napoleonidi che regnarono nel Mezzogiorno d’Italia, Giuseppe Bonaparte (1806-1808) e Gioacchino Murat (1808-1815), abolirono i precedenti ordini cavallereschi del Regno di Napoli per fondarne di nuovi allo scopo di legare con prebende e onori sia i francesi sia i regnicoli sia stavano collaborando con i monarchi per stabilizzare prima e fortificare poi il nuovo Regno. A causa della breve durata della presenza francese a Napoli, un decennio appunto, solo un nuovo ordine cavalleresco vide la luce in questo periodo così importante per il nostro Meridione. Pensando alla napoleonica Legion d’Onore, Giuseppe Bonaparte istituì l’Ordine Reale delle Due Sicilie, il 24 febbraio 1808.

Cavalieri di Napoleone...

Lo scopo era quello di ricompensare, seguendo un modello sperimentato, i collaboratori che avessero reso importanti servigi allo Stato. All’inizio, l’Ordine fu suddiviso nelle tre classi di Dignitario, Commendatore e Cavaliere. Venne, inoltre, previsto che il numero massimo di appartenenti dovesse essere di cinquanta dignitari, cento commendatori e seicentocinquanta cavalieri. La decorazione dell’Ordine venne composta da una stella d’oro a cinque punte, smaltata di colore rubino, sormontata da un’aquila d’oro pendente da un nastro di colore azzurro chiaro. La stella riportava, su una faccia, l’arme del Regno di Napoli recante la scritta Renovata Patria, sull’altra invece vi era l’arma di Sicilia con la scritta Joseph Napoleo Siciliarum Rex instituit.I Commendatori portavano il nastro pendente al collo, mentre i Dignitari in forma di fascia pendente dalla diritta alla manca. Altra differenza consisteva nel fatto che i Dignitari avevano l’obbligo di portare la decorazione sull’abito al lato sinistro. Un gran numero di cavalieri fu nominata dal fratello maggiore di Napoleone prima della sua abdicazione, come ricompensa per il loro servizio. Vennero elargiti regali per due milioni e seicentomila ducati, dei quali duecentotrentaduemila e quattordici in contanti, ottocentotremila e settecentoottantuno in terre e un milione cinquecentotredicimila e seicentoventicinque in rendite al cinque per cento.

E Cavalieri di Murat...

Il 5 novembre 1808 Murat, nuovo Sovrano di Napoli, apportò alcune modifiche agli Statuti, con la conseguente istituzione di nuove classi che sarebbero state quelle di Gran Croce, Grand’Ufficiale, Commendatore, Ufficiale e Cavaliere. Aumentò il numero complessivo dei cavalieri a seicento, e con decreto del 28 gennaio 1811 istituì tredici collane d’oro composte da quindici medaglie d’oro recanti le insegne delle diverse Provincie del Regno e da una medaglia più grande posta al centro con l’immagine del Re scolpita e la scritta Joachin Napoleon, tertio regni anno. Per diventare membro dell’Ordine ogni cavaliere doveva pronunciare un giuramento di rito con queste parole “Io giuro di consacrare la mia vita alla difesa, e alla gloria della corona e dello Stato”. L’ordine era gestito da un Gran Consiglio presieduto dal Gran Maestro e composto da un Gran Cancelliere, da un Gran Tesoriere e da due Dignitari.Il Gran Maestro era il Sovrano in carica mentre Gran Cancelliere fu Tommaso Sanseverino, Quattordicesimo Principe di Bisignano. A ogni cavaliere spettava una pensione annua di cinquanta ducati, i cui fondi furono attinti dai soppressi Ordini di Malta e Costantiniano, di cui parleremo in un prossimo capitolo.

Una fine inevitabile

L’Ordine Reale delle Due Sicilie fu abolito al ritorno dei Borbone a Napoli, mentre gli antichi ordini cavallereschi napoletani vennero pienamente ristabiliti.

L’autore

Dottorando all’Università della Basilicata, napoletano, Alessandro Maria Raffone è un giovane, promettente, storico: autore di svariati articoli e di una monografia, conta numerose collaborazioni scientifiche e iniziative di divulgazione (anche sul Web), di livello nazionale e internazionale. La serietà con le quali si applica agli aspetti religiosi della Storia, e l’amore per la sua città, ci hanno spinto a chiedergli per Spiritualità e Cultura un ‘pezzo’ sugli Ordini Cavallereschi a Napoli: sappiamo che le convergenze di situazioni e intenti con gli Ordini siciliani attrarranno l’interesse dei nostri lettori. La complessità del tema e (al solito) la ristrettezza dello spazio imponevano però una selezione: si è scelto il paradigma costituito dall’ Ordine dello Spirito Santo al Retto Desiderio, altamente significativo per la vocazione penitenziale. Ma auspichiamo che, in futuro, l’autore voglia proseguire con noi il suo discorso.


 


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