MAGNIFICAT
Maria di Nazaret tra umano e divino
di Giuseppe Rando
In
questi giorni stracolmi d’impegni e finanche di dissipazione intellettuale, mi
capita di estasiarmi e/o alienarmi riascoltando Bach o rileggendo Rilke o
lasciando che la mente vaghi sulle orme del sacro. È questa – presumo – una
sorta di compensazione all’insopportabile scadimento cui mi costringono i
tempi, i luoghi e certe persone. E, però, in una di queste divagazioni
compensative, mi sono tornate in mente, all’improvviso, sulla scorta di una
bella nota religiosa del poeta Orazio Nastasi, alcune idee su Maria di Nazaret,
madre di Gesù, che avevo espresso in una riunione qualche anno fa e che, preso
da mille incombenze, avevo lasciato che finissero fra le cose dimenticate. In
sintesi, tolto lo stupendo Magnificat (su cui tornerò più avanti), Maria parla
pochissimo nei vangeli canonici: solo tre volte ci è dato di leggere/sentire le
sue parole, stando almeno alla veloce indagine testuale che ho fatto l’anno
scorso: 1) nell’occasione luminosa dell’evento soprannaturale dell’Annunciazione
(Luca 1, 26–38); 2) nel caso del singolare smarrimento di Gesù dodicenne a
Gerusalemme (Luca 2, 41-52) e 3), nel corso delle famose nozze di Cana
(Giovanni 2, 1-11). Ebbene, in tutti e tre i casi, Maria non appare affatto
nell’atteggiamento remissivo, rassegnato e dolente che è divenuto iconico nella
credenza popolare, ma si rivela – all’opposto – una persona responsabile,
libera, attiva, razionale, nonché un’affettuosa, solerte protettrice degli
uomini. Vediamo.
Nell’Annunciazione,
colpisce il fatto che Maria non si pieghi subito al volere di Dio, espresso
dall’angelo, ma chieda espressamente: “Come
avverrà questo, poiché non conosco uomo?”. Solo dopo che l’angelo Gabriele
le avrà spiegato come avverrà il miracolo e avrà ricordato il fatto concreto
della gravidanza di Elisabetta, sterile e già vecchia, ad opera di Dio, Maria,
razionalmente convinta, accetterà volentieri il volere di Dio: “Ecco l’ancella del Signore, mi accada
secondo la tua parola”. Negli altri due episodi, Maria appare: a) come una
madre, umanissima, e sollecita che si preoccupa per il figlio (“Figlio, perché ci hai fatto una cosa come
questa? Ecco, tuo padre ed io ti cercavamo angosciati”.) richiamandolo
amorevolmente alla sua dimensione (umana) di figlio che non può ignorare i “diritti”
(umani) dei suoi genitori; b) come una madre sensibilissima che si preoccupa
per le esigenze “umane” dei commensali: “Non
hanno più vino”), a tal punto di condizionare-piegare la volontà divina del
figlio. La conclusione che mi pare di poter trarre da questi scarni riferimenti
è che Maria, nei vangeli, appare come una risoluta, sublime campionessa di
umanità: donna piena di grazia e di fede in Dio, certamente, ma anche creatura
vigile e razionale, nonché madre affettuosa che ricorda al figlio-Dio le
esigenze giuste e, sia pure, i limiti degli uomini. Come se volesse rendere più
umano il divino. Prima intermediaria, a ogni modo, tra Dio-Gesù e gli uomini.
Il
grandioso Magnificat, su cui si è stratificata – nello scorrere dei secoli –
una sterminata letteratura critica e filologica, è presumibile abbia subito,
secondo la normale prassi biblica, assestamenti e ritocchi testuali, nel
passaggio dalla oralità dei primi testimoni alla codificazione scritta di Luca
I, 46-55, ma non c’è ragione di dubitare della sua autenticità di testo
neotestamentario attribuito a Maria o di Maria stessa secondo alcuni mariologi.
Sotto il velo limpidissimo dei versi che veicolano una religiosità autentica con
effetti altamente poetici (“L’anima mia
magnifica il Signore / e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore”), si
rivelano chiaramente due aspetti della personalità dell’autore (Maria o un
anonimo o Luca), degni della massima considerazione: I) la sua strabiliante
conoscenza (a memoria!) del Vecchio Testamento, che dovette essere patrimonio
comune dei figli d’Israele (il verso 48 rimanda a Salmi 112, 7 e 124,3; il
verso 50 a Salmi 102, 13, 17; il verso 51 a Samuele 22, 28 e a Salmi 88, 11;
117,16; il verso 52 a Giobbe 5, 11; 12, 19 e a Salmi 146, 6; i versi 54 ss., a
Genesi 17, 7; 18, 18; 22, 17 ss.; a Michea 7, 20 e a Salmi 17, 15); II) il suo
spirito meravigliosamente profetico: a nessuno sfugge che le sue parole,
raccolte nei versi 50-54, anticipano, infatti, le beatitudini del discorso
della montagna. Maria donna (dotata di personalità-libertà e lume di ragione).
Maria figlia. Maria sposa. Maria madre. Maria figlia-madre. Maria intermediaria
tra Dio e gli uomini. Maria animata da spirito profetico. Quanto dire: Maria
vertice della natura umana.
L’autore
Professore
ordinario di Letteratura Italiana, Giuseppe Rando ha insegnato a lungo all’Università
di Messina e insegna attualmente all’Università per Stranieri di Reggio
Calabria. Studioso di chiara fama ha pubblicato numerosi volumi e saggi,
impegnandosi sui ‘grandi’ della Letteratura Italiana e – da Ariosto, a Manzoni,
Verga, Pirandello, Deledda – senza trascurare minori di talento, da Boner, ad
Alvaro, Spaziani Cesareo. All’impegno di studioso, ha unito un’intensa vita di
relazioni (nazionali e internazionali), che lo ha condotto alla direzione di
importanti riviste e collane, alla partecipazione ad Accademie prestigio, e a
una brillante attività di animatore culturale. Fervente cattolico, in occasione
della ricorrenza della Santa Vergine di Lourdes, ha voluto donare queste pagine
ai lettori di “FiloDirettoNews”.
|