Il
pancreas artificiale, grazie agli avanzamenti scientifici e ai nuovi prototipi
messi a punto di recente, è un sogno divenuto realtà e potrebbe in futuro
essere adottato da moltissimi pazienti con diabete di tipo 1, la forma meno
diffusa di diabete ma che comunque riguarda 20 milioni di persone nel mondo. È
quanto riferiscono sulla Rivista Science Translational Medicine Charlotte
Boughton e Roman Hovorka dell’Università di Cambridge, che fanno il punto sull’argomento
a 10 anni dall’avvento di queste tecnologie che cercano di mimare il
comportamento del pancreas umano. Il diabete di tipo 1 (insulino-dipendente) o
giovanile, è una malattia autoimmune: il sistema immunitario impazzisce e ‘divora’
una parte del pancreas del paziente, le cellule beta, che producono insulina.
Un recente studio sulla Rivista Diabetologia ha evidenziato che i casi di
diabete 1 aumentano in Europa del 3,4% ogni anno e che se il trend resterà
questo raddoppieranno nel giro di 20 anni.
Senza
più possibilità di produrre l’ormone che regola lo zucchero nel sangue, i
diabetici devono continuamente monitorare la propria glicemia manualmente e
altrettanto manualmente auto-iniettarsi insulina ogni volta che la loro
glicemia sale. Anche il paziente più scrupoloso, purtroppo, può andare incontro
a bruschi sbalzi, in alto o in basso, di glicemia, che a lungo termine fanno
malissimo, soprattutto le ipoglicemie. A rischio sono, soprattutto, i bambini
per i quali è difficile gestire la malattia e anche per i loro genitori che,
comunque, devono fare i conti con la vivacità del bimbo, le sue attività, i
pasti sempre diversi, tutti fattori che causano continue variazioni glicemiche.
Il
pancreas artificiale rappresenta una potenziale soluzione a tutto ciò in quanto
consta di sensori che monitorano in automatico e molto di frequente la
glicemia, e una pompa che inietta insulina in base ai bisogni. Le forme più
avanzate sono dotate anche di software che aggiustano i livelli di insulina
considerando non solo la glicemia ma anche l’attività che sta svolgendo il
paziente in un dato momento. “Da alcuni
anni sono disponibili dispositivi in grado di infondere insulina in maniera
continuativa nei pazienti con diabete di
tipo 1 – spiega all’Ansa Salvatore Piro dell’Università di Catania e segretario
nazionale della Società Italiana di Diabetologia – tali dispositivi
rappresentano un punto di innovazione
e di avanzamento culturale in questo campo della medicina”.
“Questi sistemi – rileva Piro – in Italia
sono in studio da molti anni all’Università di Padova grazie a Daniela
Bruttomesso, in collaborazione con gruppi di bioingegneri che hanno sviluppato
algoritmi matematici in grado di
regolare in tempo reale il rilascio di insulina in base al bisogno del paziente.
Bruttomesso – sottolinea l’esperto
SID – è leader in questo settore e
detiene la casistica più interessante
in Italia relativa all’esperienza del sistema cosiddetto ‘closed loop’ (ad ‘ansa
chiusa’, appunto, un device che infonde insulina al bisogno senza l’intervento
del paziente). Alla data attuale, circa 1.000 pazienti in Italia sono trattati
con ‘pancreas artificiale’, da poco in regime di rimborsabilità con il Sistema
Sanitario Nazionale”.
Questi
sistemi, inoltre, potranno essere a breve implementati con la possibilità di
somministrazione anche altri ormoni (ad esempio, il glucagone che nel nostro
corpo agisce evitando pericolosi deficit di zucchero nel sangue – ipoglicemie).
“Questo permetterà un ulteriore passo avanti
nella gestione del compenso glicemico
nel paziente – conclude Piro – fermo
restando che senza il corretto supporto
medico e l’addestramento del paziente all’uso,
questi dispositivi potrebbero, invece, rappresentare un pericolo per il paziente”.