RITO SPECIALE
Patteggiamento della Pena
di Olga Cancellieri
L’applicazione della
pena su richiesta della parti (patteggiamento) si caratterizza per il
raggiungimento di un accordo tra l’imputato e il Pubblico Ministero circa l’entità
della pena da irrogare. Si tratta di un rito speciale, perché si “salta” la
fase del dibattimento, cioè quella prevista come la fase naturale per l’acquisizione
delle prove e si decide prima, immediatamente dopo la chiusura indagine.
Ovviamente il patteggiamento ha carattere premiale, infatti, l’imputato che
rinuncia alla fase dibattimentale vera e propria, beneficia dello sconto di
pena fino al limite di un terzo. L’art.
444 c.p.p. prevede che l’imputato e il pubblico ministero possono chiedere
al giudice l’applicazione: 1) di una
sanzione sostitutiva o di una pena pecuniaria diminuita fino ad un terzo; 2) di una pena detentiva che, tenuto
conto delle circostanze e diminuita fino ad un terzo, non superi i cinque anni.
Il Codice prevede inoltre che l’imputato possa “subordinarne l’efficacia alla
concessione della sospensione condizionale della pena”. Cioè sceglie di
patteggiare solo a condizione che possa beneficiare della non applicazione
materiale della pena, scegliendo, quindi, che l’applicazione della pena venga
sospesa, messa in un certo senso tra parentesi, se l’imputato non commetterà
altri reati entro cinque anni, della stessa o diversa natura, vedrà cancellata
la pena sospesa, altrimenti alla nuova pena da scontare si aggiungerà quella sospesa,
la cui sospensione, appunto, non varrà più.
Tuttavia, se il giudice ritiene che
la sospensione condizionale non possa essere concessa, rigetterà la richiesta. C’è
un tempo preciso entro cui formulare la richiesta di patteggiamento che va
dalla chiusura delle indagini preliminari e fino al momento della conclusione
dell’udienza preliminare. Dopo, salvo ipotesi eccezionali, non sarà più
possibile avanzare tale richiesta. Chiaramente l’ultima parola spetta al
Giudice, che può accogliere o rigettare la richiesta, ma non ha alcun altro
potere. Non ha facoltà, nello specifico di modificare o integrare l’accordo cui
sono pervenute le parti, né decidere sulla base di atti diversi da quelli di
indagine, già acquisititi al fascicolo del PM. Nel caso di rigetto l’imputato
può comunque rinnovare la proposta di patteggiamento fino al momento in cui non
sia dichiarato aperto il dibattimento. I motivi del rigetto del giudice possono
essere diversi, può ritenere non congrua la pena patteggiata, o che il reato
superi le condizioni di ammissibilità del patteggiamento.
Infatti, per
addivenire ad una pronuncia di accoglimento il giudice deve verificare la
correttezza della qualificazione giuridica del fatto, dell’applicazione e
comparazione delle circostanze prospettate dalla parti, la congruità della pena
indicata e, in ogni caso, controllare che non debba essere pronunciata sentenza
di proscioglimento dell’imputato ai sensi dell’art. 129 c.p.p. (che è la formula immediata di proscioglimento che
può essere pronunciata in qualunque stato e grado del procedimento qualora il
giudice ritenga che l’imputato sia palesemente innocente). Non va dimenticato
che la sentenza di patteggiamento del giudice è comunque una sentenza di
condanna, con tutto cioè che ne consegue, anche se spesso ad una pena mite,
comunque concordata dalle parti, pertanto, non sarà appellabile, ma solo
impugnabile in Cassazione.
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