MIGRAZIONE CLANDESTINA
Com’è cambiata la figura dello “scafista”
di Olga Cancellieri
Figura
odiatissima quella dello “scafista” perché è colui che conduce in cambio di
molti soldi, spesso i risparmi di intere vite, dalle coste africane centinaia
di profughi disperati, nelle coste italiane, ultimamente sempre più siciliane.
Si arricchisce sulla “pelle” e non solo in senso figurato, delle persone, visto
che non tutti i passeggeri arrivano a destinazione, ma spesso muoiono prima per
le condizioni disumane in cui sono costretti ad affrontare i giorni di viaggio
in mare, senza cibo né acqua per giorni, spesso esposti alle esalazioni di
monossido di carbonio nelle stive, stipati gli uni sugli altri, o per le
condizioni climatiche avverse. Di tale fenomeno si parla da almeno trent’anni
ma senza trovare mai una vera soluzione, alimentando anzi diffidenza e
pregiudizi. La migrazione clandestina oggi è molto cambiata. Intanto essa
avviene, nella maggior parte dei casi dalla Libia, ormai “terra di nessuno” le
cui coste sono assai vicine a quelle italiane, le mete preferite oltre all’ormai
famosa Lampedusa, sono Messina, Palermo, Reggio Calabria, per poi continuare la
fuga verso paesi europei più promettenti: Germania, Inghilterra, Belgio.
Gli
sbarchi avvengono in media, uno ogni dieci giorni, almeno quelli che vengono
intercettati dalle nostre Forze dell’Ordine. I migranti provengono da ogni
parte dell’Africa: Senegal, Sudan, Siria, Mali. Si fugge da un paese in cui
infuria la guerra, da terre oppresse da dittature, piegati da crisi economiche
senza possibili soluzioni di ripresa nel breve o medio termine. Ma, si diceva,
anche l’odiata figura dello “scafista” oggi è molto diversa. Sempre più spesso,
soprattutto sulla rotta dalla Libia alla Sicilia, al timone di gommoni e
carrette del mare c’è un migrante che non aveva i soldi per pagarsi la
traversata, oppure chi la traversata l’ha già pagata (ricordiamo che il costo
del viaggio varia molto in base a nazionalità, età e posizione sul barcone),
scelto a caso perché magari più giovane, o in forma o più sveglio di altri, e
che viene minacciato con una pistola alla tempia, oppure gli minacciano di
uccidere la famiglia, se non tiene il timone fino alla destinazione.
Spesso
qualcuno viene ucciso e buttato in mare, per convincere i passeggeri che “si fa
sul serio”. Il nuovo scafista, quindi, non è più chi lucra coi “viaggi della
speranza” ma chi viene posto sotto la minaccia terribile della propria vita o
di quella dei propri cari, a cui viene affidata una bussola e il timone e gli
viene detto: “Devi tenere la rotta fino a
lì, se sbagli morite tutti!”. Spesso, infatti, l’improvvisato “scafista”
non ha idea del mare o di come si guidi un’imbarcazione, ma deve provare a
condurla a destinazione per non morire. Mentre, invece, chi il viaggio se l’è
fatto pagare caro e salato neanche sale sul barcone, se non per un attimo,
resta al “sicuro” con le tasche piene di denaro contante che si è fatto
elargire in cambio di una minima speranza di vita. Costui è oggi difficile per
non dire impossibile da individuare, fermare, perseguire.
Resta invece lo “scafista”
che oggi è solo colui che, suo malgrado, si è trovato all’improvviso a
timonare, che non ha guadagnato nulla da tale viaggio, se non, a volte, la
traversata gratis, non ha idea di nulla, che non parla l’italiano, e a stento l’inglese
o il francese. Che al momento dell’approdo nelle nostre coste si trova accusato
di aver posto in essere il reato di cui all’art.
12 comma 3 bis in relazione al comma
3 lett a, b, c, Dlgs 286/98, 110 c.p., posto in stato di fermo nella nostra
Casa Circondariale dove rimane per mesi, finché non si dimostra, se si riesce a
farlo, la sua estraneità ai fatti contestati. Intanto chi da questa situazione
trae vantaggio si arricchisce ogni giorno di più.
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