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 giovedì 7 marzo 2019

PATOLOGIE

La malattia di Parkinson

di Redazione


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La malattia di Parkinson è una patologia neurodegenerativa, cronica e lentamente progressiva che coinvolge diverse funzioni motorie, vegetative, comportamentali e cognitive, che determinano conseguenze sulla qualità di vita di chi ne soffre. Si manifesta quando la produzione di dopamina nel cervello cala a causa della degenerazione di neuroni in un’area chiamata “sostanza nera”. Dal midollo al cervello cominciano a comparire anche accumuli di una proteina chiamata “alfa-sinucleina”, che secondo alcuni potrebbe essere la responsabile della diffusione della malattia in tutto il cervello.

Fattori di rischio

Le cause di questa malattia non sono ancora del tutto note, ma sembra che siano diversi gli elementi che concorrano al suo sviluppo. Primo tra tutti, il fattore genetico: le mutazioni di alcuni geni sono associate al Parkinson e circa il 20% dei pazienti presenta una famigliarità alla patologia. Appare rilevante, in letteratura, anche l’esposizione a sostanze tossiche come pesticidi, idrocarburi-solventi e metalli pesanti (ferro, zinco, rame).

Lo sviluppo della malattia: nuove ipotesi

Una ricerca recentemente, pubblicata su Science Translation Medicine, suggerisce, inoltre, una relazione tra il morbo di Parkinson e l’appendice. Ne ha parlato in un’intervista a Radio 24 il prof. Alberto Albanese, ordinario di Neurologia e responsabile dell’Unità Operativa di Neurologia di Humanitas. “È uno studio molto interessante, perché propone molti indizi che suggeriscono che la malattia di Parkinson inizi proprio nell’intestino”, ha spiegato il professore. Nell’addome “si produrrebbero delle proteine alterate che possono essere trasportate attraverso i nervi ‘all’indietro’, in via retrograda raggiungendo poi il cervello e diffondendo, poi da qui, la malattia”. In particolare, stando alla ricerca, “l’ipotesi è che queste proteine alterate si accumulino nell’appendicite e per questo chi ha subito un’appendicectomia avrebbe minori probabilità di soffrire di Parkinson”, ha concluso il professore. (Humanitas.it)


 


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