In principio ce n’era una sola,
la Caulerpa nostrana, nome
scientifico (Caulerpa prolifera), più
comune al sud, più rara al nord, insediata su fondali detritici, spesso dove (per
ragioni naturali o per azioni dell’uomo) la prateria di Posidonia è in
regressione. Poi, nel 1984, arrivò la prima segnalazione che una nuova Caulerpa di origine tropicale, Caulerpa taxifolia, aveva occupato pochi
metri quadri di fondale sotto l’acquario di Monaco.
Trascorsi oltre 20 anni di
progetti internazionali e di divisione nel mondo scientifico, Caulerpa taxifolia ricopre già 12.000 ettari di fondale in 5 paesi del
Mediterraneo: l’ultima segnalazione è del suo arrivo in Sardegna, mentre si è
già spinta fino alla costa americana del Pacifico e, perfino, in Australia. C’e
ben poco di naturale in tutto ciò, non solo perché è ormai certo che Caulerpa Taxifolia sia sfuggita dalle vasche dell’acquario di Monaco, ma
soprattutto perché essa è ben diversa da quella che s’incontra nel suo ambiente
di origine. Insensibile alla temperatura ed alla profondità (si adatta a
qualsiasi substrato), non ha praticamente concorrenti. È un “alieno” generato
attraverso le selezioni in acquario e forse per l’esposizione ai raggi ultravioletti.
Il colmo è che la sua vendita per
l’uso in acquario non è stata ancora vietata. Ma l’invasione delle caulerpe ha
anche altri protagonisti, naturali questa volta. Oltre alla Caulerpa racemosa, di cui stupisce l’aggressività
su fondali profondi e con scarsa illuminazione, dove forma una copertura
totale, nel bacino orientale si affacciano altre due specie di Caulerpa scappelliformis e Caulerpa mexicana. Forse c’è anche una sesta specie di classificazione
incerta: Caulerpa ollivieri.
Che il cambiamento non riguardi
solo “nuova” comunicazione con il Mar Rosso è dimostrato dall’aumento
considerevole di specie atlantiche che si stanno insediando anche nelle
porzioni centrali del Mediterraneo.
Non si tratta solo di pesci come
il pesce pappagallo, o il pesce balestra o i barracuda che vivono anche in
atlantico, ma conosciuti da sempre nel Mediterraneo: la novità è che oggi essi
si rinvengono sempre più numerosi a settentrione.
Vi sono anche specie nuove che si
stanno espandendo con incredibile velocità. È il caso di un piccolo scorfano (Scorpaena maderensis): fino a poco tempo
fa nemmeno contemplato tra i pesci della fauna Italiana, e divenuto comune in
Sicilia e in Sardegna.
Dall’atlantico stanno
insediandosi altre specie nuove come il pesce Palla e la Ricciola fasciata.
C’è poi la schiera degli
invertebrati atlantici che sta aumentando rapidamente. A Lampedusa ed in
Sardegna è relativamente recente l’arrivo di un piccolo granchio corridore, che
viene dalle coste americane ed è perfettamente acclimatato sulle scogliere e
anche sulle strutture portuali. Lampedusa sembra fungere da luogo di sbarco
privilegiato per le nuove specie: è recentissimo l’avvistamento di una nuova
specie di lepre di mare (Aplysia
dactylomela) di origine circumtropicale.
Molte nuove specie non arrivano
da sole con le correnti, ma sono diretta conseguenza delle attività umane: una
ricerca condotta negli Stati Uniti ha individuato, nelle acque di zavorra di
ogni petroliera giapponese che attracca ai porti della costa occidentale, una
media di 350 specie estranee alla flora ed alla fauna locale.
Anche nel Mediterraneo sono le
navi a portare nuovi organismi: è il caso di una madrepora atlantica, Oculina patagonica, perfettamente
acclimatata nelle acque liguri.
Se la madrepora non ha creato
problemi, altrettanto non si può dire dello Ctenoforo,
importato accidentalmente in Mar Nero e divenuto una minaccia per uova e larve
di pesce azzurro, determinando un crollo delle popolazioni locali di molte
specie ittiche.
Vi sono poi specie introdotte per
scopi economici che hanno rapidamente soppiantato quelle locali, mettendone in
crisi le popolazioni. Il caso più noto è l’introduzione in Alto Adriatico della
vongola Giapponese, che ha tassi di sopravvivenza e di crescita di gran lunga superiori
alla locale vongola verace.
Il Mediterraneo continua a
mostrare repentine trasformazioni e straordinaria capacità di adattamento e si
parla di tropicalizzazione, per l’aumento delle temperature medie, a cui si
fanno risalire fenomeni molto diversi tra loro.
IL cambiamento globale del clima,
legato all’effetto serra, che in terra produce un’espansione dei processi di
desertificazione, sta trasformando anche gli ambienti marini e sta producendo
un rimescolamento della flora e della fauna i cui risultati per il Mediterraneo
sono imprevedibili.